La storiografia del lavoro, per almeno venti anni, ha subito un rinnovamento importante, sia in termini di perimetro (geografico, cronologico e tematico) della ricerca intrapresa, sia di sviluppo concettuale. Sotto l'influenza delle correnti della storia globale del lavoro, degli studi culturali e degli studi subalterni, l'enfasi è stata posta sulla porosità dei confini tra statuti, condizioni di lavoro e relazioni contrattuali, invitando in tal modo un'operazione di decostruzione di categorie forgiate nelle (e per le) società occidentali. Gli studi sul lavoro forzato, ad esempio, hanno offerto l'opportunità di riesaminare le basi del sistema salariale. I concetti di lavoro libero e lavoro non libero sono stati inclusi nei loro contesti produttivi specifici e in una prospettiva a lungo termine. Le soluzioni adottate nell'area della coercizione sul lavoro testimoniano, infatti, un'irriducibilità locale in uno spazio ancora globale, caratterizzato dalla circolazione di conoscenze, norme legali e pratiche socio-economiche a cui ricorrono gli attori. Alcuni autori hanno proposto di includere il criterio del vincolo nella nascita stessa del capitalismo, postulando l'idea di continuità tra forme di soggiogazione e forme di subordinazione nei rapporti di lavoro. Lungi dall'essere opposti frontalmente, questi diversi sistemi di "lavoro vincolato" (dalla schiavitù al lavoro, dal lavoro forzato al lavoro a contratto) alimentano il processo di "istituzione" del lavoro il cui risultato non è né inequivocabile o scontato.
Riunendo specialisti di epoche diverse (dal Medioevo al XX secolo) e diverse aree culturali (dall'Impero ottomano agli imperi coloniali, tra cui l'Europa e l'Unione Sovietica), questa giornata di studio invita a uno sforzo di confronto tra tempo e spazio.