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Due nuove uscite per le Edizioni SISLav!

|   Edizioni SISLav

Freschi di stampa per le nostre Edizioni il volume di Giada Baldi (vincitrice del Premio Ortaggi 2020) sulla migrazione italiana in Belgio e il volume a cura di Claudia Bernardi e Ferruccio Ricciardi sulle frontiere del contratto.

Il Quaderno a cura di Claudia Bernardi e Ferruccio Ricciardi  Le frontiere del contratto: status, mobilità, dipendenza (XIX-XX secolo) esplora le frontiere del contratto di lavoro tra Ottocento e Novecento, vale a dire quella “zona grigia” di indeterminatezza (in termini di status legale così come di status sociale) che caratterizzava i rapporti di lavoro prima e al di là del consolidamento del regime salariale d’ispirazione occidentale. Partendo da un ampio ventaglio di studi di caso (la condizione dei “servi a contratto” cinesi, l’impiego dei “lavoratori indigeni” negli imperi coloniali, il lavoro coatto durante la guerra, il lavoro femminile a domicilio, la condizione precaria dei lavoratori migranti ieri come oggi, i conflitti di lavoro che coinvolgono apprendisti, artigiani, operai industriali e agricoli, ecc.), le autrici e gli autori qui riuniti suggeriscono di indagare tre piste di ricerca principali allo scopo di cogliere la molteplicità e il significato delle forme di dipendenza nel lavoro: il disciplinamento del lavoro, il controllo della mobilità di lavoratori e lavoratrici, la produzione di diritti e, più in generale, di forme di appartenenza, anche in situazioni di costrizione o di assenza di libertà. Il contratto di lavoro è così ricollocato nel groviglio dei rapporti di lavoro, sottolineando la pluralità delle azioni, delle consuetudini, dei conflitti e delle negoziazioni che sottendono la sua messa in pratica in contesti ed epoche differenti.

Il Saggio Carbone e guerra fredda. Selezione e controllo politico dei migranti italiani in Belgio nel secondo dopoguerra (1946-1956), a cura di Giada Baldi, frutto del premio Ortaggi 2020, affronta l’emigrazione italiana verso il Belgio. Questa ha raggiunto la massima intensità nel secondo dopoguerra, tra il 1946 e il 1957, in una fase della storia nazionale contrassegnata dalla cosiddetta emigrazione assistita – “consistente in una disciplina concordata dei flussi emigratori, predeterminati in qualità e quantità e attuati con il concorso tecnico, organizzativo e finanziario dei paesi interessati” – di cui costituisce probabilmente il caso più paradigmatico. Il 23 giugno 1946, con la stipula a Roma di un Protocollo d’intesa, Italia e Belgio crearono infatti le condizioni per la partenza, negli anni a seguire, di un flusso di manodopera italiana alla volta delle miniere di carbone belghe. Nello specifico, l’accordo stabiliva che il Belgio avrebbe accolto 2.000 lavoratori italiani alla settimana, prevedendo un tetto massimo di 50.000 persone. Ogni 1.000 immigrati, il Pays Noir avrebbe dovuto vendere all’Italia tra le 2.500 e le 5.000 tonnellate di carbone, a seconda del proprio tasso di produttività (condizione dalla quale derivò l’espressione polemica ‘ci hanno venduti per un sacco di carbone’, diffusa tra i minatori italiani in Belgio).

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