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Maternalismo e femminismo nella medicina umanitaria nell'articolo di Francesca Piana

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L'American Women's Hospitals è posto al centro dell'articolo "Maternalism and Feminism in Medical Aid: The American Women’s Hospitals in the United States and in Greece, 1917–1941".

Francesca Piana studia il lavoro di assistenza medico umanitaria delle dottoresse e infermiere dell’AWH nel contesto più ampio delle politiche e pratiche maternaliste e femministe dell’epoca attraverso un approccio transnazionale e comparativo e con un’attenzione specifica all’intersezione del genere con altre categorie quali la classe, la razza, e l’etnicità. Vede così nelle dottoresse e infermiere dell’AWH dei vettori sia di emancipazione che di oppressione. Se attraverso la creazione dell’AWH le dottoresse americane, che presto avrebbero acquisito il diritto di voto, cercarono di emanciparsi dalla segregazione della professione medica, non misero però in discussione i privilegi di cui godevano in quanto donne bianche, protestanti e appartenenti alla classe medio-alta. Queste tensioni fecero sì che le dottoresse dell’AWH aderissero all’imperialismo culturale e al nazionalismo professato negli ambienti governativi e filantropici americani. In Grecia le dottoresse e le infermiere dell’AWH fornirono assistenza medica ai rifugiati – donne, uomini, e bambini che furono immediatamente naturalizzati – e i cui bisogni erano enormi; contribuirono anche a creare strutture sanitarie in seguito gestite dal governo greco. L’AWH si concentrò in particolar modo nell’assistenza medica alle donne e bambini rifugiati, il gruppo più numeroso e bisognoso fra i profughi: formò alcune donne alla professione infermieristica e trasmise alle neomamme un approccio scientifico alla maternità attraverso elementi d’igiene e di nutrizione. A dispetto di queste pratiche di emancipazione, le dottoresse e le infermiere dell’AWH risultavano però arroganti, persuase com’erano della loro superiorità in quanto americane formate in quelle che consideravano le migliori università. Pensavano infatti che le donne rifugiate non possedessero le conoscenze necessarie per essere delle buone madri. Inoltre, l’AWH vedeva nel lavoro di cura fornito dalle donne rifugiate uno strumento per servire lo stato, a cui i loro figli maschi avrebbero contribuito in quanto lavoratori e cittadini, invece di considerarlo come un vettore di emancipazione per le donne stesse nel difficile ottenimento dei diritti civili, economici, e politici. 

L'articolo viene pubblicato nel volume "Gendering Global Humanitarianism in the Twentieth Century. Practice, Politics and the Power of Representation" a cura di Esther MöllerJohannes PaulmannKatharina Stornig, che discute la relazione tra genere e discorsi e pratiche umanitarie nel ventesimo secolo. Analizza i modi in cui le costruzioni, le norme e le ideologie di genere si sono formate e si sono formate nei contesti umanitari globali.

Il volume può essere acquistato qui.

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