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Fotografare la fabbrica

|   Visioni e Ascolti

«La fotografia industriale non è tanto un soggetto, una tecnica, uno stile, quanto piuttosto un rapporto, la sottile mediazione tra esigenze propagandistiche, divulgative e comunicative di un’azienda e il gusto, la cultura visiva, lo stile di un fotografo. Ma è anche un genere, cioè un dialogo interno tra le immagini, un rincorrersi di temi e soggetti, un continuo creare e reinterpretare tipologie differenti della medesima visione».

Così scrive Angelo Pietro Desole in La fotografia industriale in Italia 1933-1965 (introduzione di Gabriele D’Autilia, Quinlan 2015), sviluppo della sua tesi di dottorato presso l’Università di Padova, che analizza i trent’anni gloriosi di questo metagenere «che raggruppa dentro di sé altri generi come la fotografia di architettura, il ritratto, il reportage, lo still life, la micro e la macro fotografia». 

Appartiene così di diritto alla fotografia industriale lo scatto di un momento di svago tra giovani della scuola apprendisti della Dalmine, immortalati da Bruno Stefani per conto dello Studio Boggeri nel 1941.

Qui una recensione al volume di Elisabetta Marangon su alfabeta2.

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