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Assegnazione premio Simonetta Ortaggi

|   Edizioni SISLav

È Giada Baldi la vincitrice del premio Ortaggi 2020. La sua tesi si propone di capire meccanismi e i processi di selezione dei migranti italiani in partenza per il Belgio.

Giudizio sintetico della Commissione

La tesi di Giada Baldi si propone di ricostruire i meccanismi e i processi di selezione dei migranti italiani in partenza per il Belgio. Obiettivo principale della ricerca è la comprensione delle posizioni generali dei diversi attori in campo e la loro capacità di tradurle sul piano operativo e di gestione dei flussi migratori; in particolare per verificare quali fossero i principi ispiratori che guidavano le “selezioni”.

Il lavoro di Baldi si confronta efficacemente con la storiografia del settore e ne discute in modo convincente gli spunti più innovativi. Gli obiettivi sono quindi ben messi a fuoco in relazione agli studi esistenti e colgono alcuni aspetti poco indagati sui quali si innesta il lavoro di ricerca. L’approccio della tesi non manca infatti di alcuni aspetti innovativi poiché inserisce la ricostruzione della migrazione verso il Belgio nel quadro della incipiente guerra fredda, tenendo in giusta considerazione le contraddizioni tra “l’interesse nazionale” italiano (far emigrare il più alto numero di persone possibile) e quello occidentale del contenimento del comunismo; contraddizioni che portano anche a posizioni differenti sui criteri di selezione tra autorità italiane e belghe. Inoltre la minuziosa ricostruzione delle procedure burocratiche appare rilevante per cogliere gli intrecci e le tensioni tra soggetti pubblici, imprenditori e sindacati nei due diversi paesi. 

La ricerca si fonda coerentemente su fonti di natura prevalentemente istituzionale cui si aggiungono quelle di matrice sindacale. Predominante appare pertanto un taglio di storia politica rispetto a quella sensibilità per gli aspetti di storia sociale e culturale, relativi all’esperienza e alle condizioni dei lavoratori, più vicina ai recenti sviluppi della storia del lavoro. Si segnala inoltre un certo squilibrio fra le due sezioni del lavoro, che soprattutto nella sua ultima parte, come riconosciuto dalla stessa autrice, risulta solo in parte sviluppato.

In sintesi la complessità del fenomeno migratorio, la sua gestione articolata e con il coinvolgimento non sempre lineare di tanti soggetti diversi emerge con chiarezza dal lavoro. E’ questo il pregio principale di una ricerca che toglie qualsiasi illusione al fatto che gli spostamenti di popolazione siano facilmente etichettabili in semplici definizioni. Ne emerge un processo nel quale più che la selezione politica dei migranti – difficile da realizzare nel dopoguerra e in fondo non interpretata dai due paesi in modo univoco – l’aspetto più significativo divenne dunque il “disciplinamento” del migrante inserito nel mondo del lavoro delle miniere belghe. La ricostruzione dettagliata della tesi che segue questa migrazione anche nel paese d’arrivo e verifica risposte congiunte dei due stati in termini appunto di disciplinamento politico della forza lavoro costituisce il risultato più apprezzabile di un lavoro ben curato e coerentemente fondato su un ampio apparato critico. Restano alcuni dei limiti indicati ai quali la commissione suggerisce di provare a porre almeno parziale rimedio nella stesura del lavoro ai fini del suo miglioramento in vista dell’eventuale pubblicazione e allo scopo di cercare di trarre dal caso di studio così riccamente analizzato delle considerazioni più generali e delle conclusioni più solide. 

 

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