La violenza economica è al tempo stesso un meccanismo e una manifestazione della violenza di genere. Sia quando agisce da sola sia quando si combina con altre forme di discriminazione e abuso, essa contribuisce all’esercizio del potere e del controllo maschile all’interno di sistemi e relazioni patriarcali, limitando l’indipendenza delle donne e la loro autonomia economica e finanziaria.
I dati globali attuali sulle disparità di genere sono impressionanti. Il Global Gender Gap Index pubblicato dal World Economic Forum nel 2025 — il cui primo dei quattro indicatori è “Partecipazione e opportunità economiche” — mostra che il divario di genere in quest’area si attesta al 61%, rendendola, insieme alla partecipazione politica, la più rilevante. Nonostante una riduzione del divario (dal 55,1% nel 2006 all’attuale 60,7%), le donne rappresentano soltanto il 41,2% della forza lavoro e detengono appena il 29% delle posizioni manageriali (WEF GGGR 2025). Inoltre, sebbene il 51% delle economie mondiali (98 su 190) abbia adottato leggi sulla parità retributiva, solo 35 hanno introdotto misure concrete di attuazione (World Bank 2024).
Le trasformazioni economiche globali, anche dopo la pandemia, e le attuali pressioni inflazionistiche colpiscono in modo sproporzionato le donne, a causa della loro vulnerabilità strutturale in contesti geografici e socio-politici differenti — sia nel Nord che nel Sud del mondo.
L’Italia si colloca all’85° posto su 148 paesi nell’indice complessivo del Global Gender Gap (35° su 40 in Europa), ma al 117° per l’indicatore economico (WEF GGGR 2025, pp. 223–224). I dati dell’European Institute for Gender Equality (EIGE) rivelano una maggiore fragilità delle donne italiane rispetto agli uomini sia nella dimensione lavoro sia in quella denaro del Gender Equality Index — ossia minore partecipazione al mercato del lavoro, livelli di reddito più bassi e maggiore esposizione al rischio di povertà, in termini assoluti e rispetto alla media europea (EIGE 2024).
Il rapporto Educazione finanziaria e violenza economica, presentato alla Commissione parlamentare d’inchiesta sul femminicidio e su ogni forma di violenza di genere il 4 ottobre 2024, conferma queste tendenze e dettaglia i fattori che aggravano tali disuguaglianze (Banca d’Italia 2024). La violenza economica scaturisce da questo contesto strutturale e al tempo stesso lo rafforza. Non sorprende, dunque, che la Relazione 2024 sulla parità di genere nell’Unione europea evidenzi il problema della violenza e delle molestie di genere sul lavoro, richiamando l’invito del Consiglio d’Europa agli Stati membri a ratificare la Convenzione ILO n. 190 su violenza e molestie (Commissione UE 2024).
Il problema, tuttavia, è ben più ampio. L’EIGE sottolinea la scarsa visibilità della violenza economica rispetto a forme più esplicite di abuso, nonché la mancanza di dati esaustivi. La stima EUROSTAT del 2021 — secondo cui l’8% delle donne tra i 18 e i 74 anni in trenta paesi europei ha sperimentato violenza economica — rappresenta con ogni probabilità solo la punta dell’iceberg (EUROSTAT 2021). Al contempo, l’EIGE rileva che dove i divari di genere sono più contenuti, i comportamenti associati alla violenza economica sono meno tollerati socialmente (EIGE 2024, p. 55).
I dati dei centri antiviolenza italiani mostrano che la dipendenza economica delle donne dai partner spesso impedisce o ritarda l’uscita da relazioni abusive. Inoltre, l’analisi delle domande per il Reddito di libertà (introdotto nel 2020 per le donne seguite dai centri) offre elementi utili per comprendere portata e caratteristiche della violenza di genere e il ruolo della vulnerabilità economica (P. Biasi, B. Ceremigna, M. De Paola, “Violenza di genere e indipendenza economica”, Il Mulino). Studi recenti individuano ulteriori fattori di rischio che espongono le donne alla violenza economica o ne accrescono l’intensità: il carico diseguale della cura familiare, la presenza di figli a carico e l’impatto positivo di livelli più elevati di istruzione (F. D’Agostino, G. Zacchia, M. Corsi, “Risk of Economic Violence: A New Quantification”, International Journal of Financial Studies, 2024, 12:82, DOI).
La ricerca storica sulla famiglia, il lavoro, l’economia e la violenza di genere fornisce da tempo strumenti preziosi per contestualizzare e problematizzare i dati odierni. Ad esempio, un recente numero di Genesis. Rivista della Società Italiana delle Storiche (A. Bellavitis, M. Martinat, a c. di, Disuguaglianze. Il valore delle donne, 2, 2022) mostra come le prospettive di genere siano rimaste paradossalmente marginali nello studio dell’uguaglianza/disuguaglianza, e propone saggi che, integrando dimensione economica e sociale, rivelano la persistenza delle asimmetrie di genere. Analogamente, una conferenza internazionale su Genre et Argent (Anaïs Albert, Christopher Fletcher, Julie Marfany, Marianne Thiven, Valentina Toneatto, a c. di) ha messo in evidenza quanto il rapporto tra donne e denaro resti sotto-indagato: la gestione e il controllo del denaro — il suo uso come strumento di dominazione o di empowerment, la sua proprietà e amministrazione — sono stati raramente trattati come problemi storici autonomi. Sociologi e antropologi ricordano che “denaro” comprende ma trascende la “moneta”, acquisendo significato entro contesti sociali e sistemi di affetto, valore, consuetudini e credenze. Il denaro diventa così una lente potente per svelare norme di genere e relazioni sociali. Lo dimostra efficacemente Céline Bessières e Sybille Gollac, Le genre du capital. Comment la famille reproduit les inégalités (Parigi, 2020), che indaga come la distribuzione intra-familiare della ricchezza nella Francia del Novecento continui a riprodurre l’ineguaglianza di genere.
Al di là dell’Europa, nel passato come nel presente, molteplici forme di controllo e privazione hanno plasmato divisioni di lavoro segnate dal genere e posto ostacoli rilevanti ai diritti sociali, politici, legali e religiosi delle donne. A questi ostacoli corrispondono strategie, discorsi e pratiche di giustizia di genere diversificate che, pur radicate in contesti specifici, offrono un campo transnazionale dinamico per analizzare rivendicazioni, linguaggi e possibilità emancipative.
La disuguaglianza, tanto come approccio di ricerca quanto come fenomeno storico, invita ad adottare la violenza di genere come lente integrata e rivelatrice — capace di cogliere ampi processi strutturali e, insieme, di offrire un fertile strumento metodologico.
Alla luce di queste riflessioni, il Centro di Ricerca di Storia di Genere dell’Università di Napoli “L’Orientale” organizza un convegno dedicato alla storia della violenza economica — forme di dominazione, sorveglianza, sfruttamento e sabotaggio economico di genere nelle relazioni familiari e private, nei luoghi di lavoro e nei contesti istituzionali.
Obiettivi del convegno
Fornire una prospettiva analitica di lungo periodo
Mettere in evidenza contesti storici e geografici differenti
Sviluppare approcci teorici classici e femministi
Presentare casi di studio tratti da fonti storiche
Promuovere punti di vista comparativi
L’approccio storico sarà privilegiato per mettere in discussione narrazioni lineari di “modernizzazione” e per complicare la lettura del presente.
Temi suggeriti
Controllo e appropriazione delle risorse; proprietà e diritti economici delle donne; esclusione dai processi decisionali; coercizione verso obblighi finanziari; negazione del sostegno economico.
Barriere legali e culturali all’uso o all’accesso a denaro, credito o risparmi; restrizioni ai consumi e all’autonomia di spesa.
Sabotaggio dell’indipendenza economica e delle carriere delle donne.
Esclusione legale o inibizione sociale dalle professioni; femminilizzazione dei mestieri e conseguente svalutazione; disuguaglianze salariali e di maternità.
Invisibilità del lavoro e dei redditi femminili nelle fonti storiche.
Differenze di genere nell’alfabetizzazione economico-finanziaria e nell’accesso alle informazioni finanziarie.
Conflitti tra lavoro retribuito o studio e responsabilità di cura domestica.
Molestie sessuali e coercizione nei luoghi di lavoro.
Intersezioni tra esperienza economica di genere, migrazione e altre vulnerabilità.
Stereotipi di genere sulla competenza finanziaria o sull’idoneità professionale.
Resistenze individuali e collettive (femministe) allo sfruttamento; forme di cooperazione e mutuo aiuto.
Risposte istituzionali alla violenza economica.
Rapporto delle donne con lavoro, produzione e denaro nel pensiero economico classico e femminista.
Modalità di partecipazione
Le proposte (in italiano o in inglese) devono essere inviate entro il 15 dicembre 2025 a centrogenderhistory@unior.it
con oggetto: “Convegno violenza economica”.
Le proposte devono includere:
Titolo
Abstract (max 1.500 caratteri, spazi inclusi)
Breve bio/CV
La comunicazione degli esiti avverrà entro il 30 gennaio 2026 a seguito della valutazione del comitato scientifico.
Il convegno si svolgerà in presenza a Napoli.
Non è prevista alcuna quota di iscrizione. Viaggio e alloggio sono a carico dei/delle partecipanti. Qualora fossero disponibili fondi o borse, i dettagli verranno comunicati con apposita call.