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«Meridiana», n. 104 (2022)

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Segnaliamo l'ultimo numero di «Meridiana», dedicato interamente allo Smart Working.

Le restrizioni messe in atto per arginare il contagio da Covid-19 hanno costretto le imprese a ricorrere in modo massiccio al lavoro da remoto, producendo cambiamenti imponenti nelle esperienze di milioni di persone. I contributi raccolti in questo numero analizzano l’introduzione del lavoro da remoto durante la pandemia, mettendo a fuoco uno snodo cruciale nell’evoluzione delle relazioni di impiego. La riflessione si muove su piani e discipline diverse – sociologia, storia, diritto, psicologia – e vuole andare oltre l’analisi della contingenza relativa all’emergenza pandemica, mettendo a confronto lo «smart working emergenziale» sia con il lavoro domestico del passato, sia con il lavoro agile nella sua versione «fisiologica». I temi toccati dal numero sono molti. Da un punto di vista giuridico, il venir meno dell’obbligo di recarsi sul luogo di lavoro scardina di fatto la tradizionale regolazione del lavoro subordinato basata sul tempo e sullo spazio. Le ricerche empiriche tuttavia sottolineano che, nel periodo emergenziale, questo non si traduce necessariamente in una maggiore autonomia del lavoratore. Per quanto riguarda lo spazio, i vincoli alla mobilità trasformano di fatto il lavoro agile in lavoro a domicilio (con interessanti assonanze con quanto avveniva in passato in comparti come il tessile o il calzaturiero): la libertà di decidere dove lavorare trasmette un senso di maggiore comodità (si può persino «lavorare sul divano»), ma l’assenza di standard ergonomici per le postazioni rischia di ripercuotersi sulla salute dei lavoratori. Anche la gestione individuale dei tempi di lavoro, sebbene permetta di limitare gli spostamenti e consenta maggiore autonomia e libertà, espone al rischio diffuso di overwork, a causa della porosità tra i momenti dedicati al lavoro retribuito e quelli dedicati allo svago o ai compiti di cura. La questione dei tempi di lavoro si riconnette in modo forte con quella della conciliazione, che vede nel periodo pandemico un momento di particolare tensione, anche a causa della chiusura temporanea delle scuole. Le analisi sottolineano come i compiti di cura siano ricaduti prevalentemente sulle donne, sebbene gli uomini se ne siano sentiti sovraccaricati. Rispetto alla portata dei cambiamenti introdotti, l’organizzazione del lavoro sembra essersi modificata in modo meno radicale del previsto. In ambiti ad alta burocratizzazione come la scuola si impara a snellire alcune procedure e a rimettere a fuoco gli obiettivi, ma più in generale le ricerche delineano una polarizzazione negli effetti delle nuove tecnologie: il controllo esercitato dagli strumenti digitali è più stringente per le professioni poco qualificate, mentre in quelle più qualificate emergono il controllo orizzontale dei colleghi e quello autoimposto sulla base dell’etica professionale. Ma questi sono solo alcuni dei cambiamenti nelle relazioni di lavoro: il lavoro da remoto annulla l’interazione reiterata e prolungata nel tempo con i colleghi e con i superiori, incrinando i meccanismi tradizionali di costruzione di legami fiduciari che sono preziosi per le organizzazioni, non solo perché consentono di ridurre il controllo normativo, ma anche perché rendono fluide le relazioni e la comunicazione, supportando la creatività e i processi innovativi.

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