Il 22 ottobre ci ha lasciati Aris Accornero, una delle voci più nitide e autorevoli sul mondo del lavoro in Italia. Sindacalista della Cgil, giornalista dell’“Unità”, sociologo industriale: biografia e lezione di Aris Accornero sono il segno di una stagione irripetibile e indimenticabile.

Tra il primo libro del 1959 sui “reparti confino” della Fiat, scritto poco dopo essere stato licenziato per rappresaglia alla Riv di Torino, e l’ultimo del 2011 sulle lotte dei cotonifici della Val Susa all’inizio degli anni ’60, non si contano le monografie, i saggi e gli interventi con i quali Accornero ha puntualmente analizzato e criticato le trasformazioni del lavoro. On-line si possono leggere le sue voci Lavoro e Operai per l’enciclopedia Treccani.

In questa video-intervista del 2006, resa disponibile sul sito di Rassegna sindacale in occasione della morte, Accornero ripercorre le tre grandi ere del lavoro moderno: quella della Rivoluzione industriale, del fordismo e infine del “capitalismo flessibile”. Oltre a descriverne le caratteristiche strutturali ricorda che i cambiamenti hanno sempre generato grandi e legittimi timori nei lavoratori, ma anche nuove idee e nuove risposte. «Come ci si è salvati dalle prime due grandi trasformazioni? Essenzialmente attraverso l’azione politica, l’azione sociale, l’azione sindacale».

Tra i ricordi apparsi subito dopo la sua scomparsa quello di Gian Primo Cella sul sito della SISEC, di Mario Tronti sul Manifesto e di Giuseppe Berta sul Sole24 ore.

Grazie Aris!